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Chiara Granata: master class sull’arpa doppia – Intervista e spunti per un approfondimento

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Il Dipartimento di Musica Antica del Conservatorio ‘N. Piccinni’ di Bari, tra le molte iniziative, quest’anno ha promosso una masterclass sull’arpa doppia che sarà tenuta da Chiara Granata nei giorni 15, 16 e 17 Settembre.

Fiore all’occhiello del Conservatorio, il Dipartimento di Musica Antica, oltre ad avere un’ampia offerta formativa grazie allo studio di strumenti quali cembalo, liuto, viola da gamba, flauto dolce e alla disciplina della musica d’insieme per strumenti antichi, da anni propone eventi di grande rilievo culturale che riscuotono unanimi consensi di pubblico e di critica. Nel corso delle Settimane e del Festival di Musica Antica del Conservatorio ‘Niccolò Piccinni’ il Dipartimento organizza incontri, seminari, masterclass, concerti dei docenti, concerti degli allievi e soprattutto eventi musicali nei quali docenti e professionisti esterni al Conservatorio suonano assieme agli studenti. Iniziative, quest’ultime, estremamente interessanti per gli allievi che, come in un laboratorio artigianale, possono far tesoro dell’esperienza di chi ha intrapreso prima di loro lo stesso percorso professionale che essi intendono fare.

Da diversi anni la Scuola di Arpa è entrata a far parte del Dipartimento di Musica Antica allo scopo di ampliare il più possibile l’offerta formativa. Ritenendo impossibile che tutti gli allievi di arpa possano essere destinati alla carriera di professori d’orchestra, oppure all’insegnamento o al concertismo, è opportuno prospettare anche altre possibili professioni e attività, solitamente ignorate dagli allievi a causa di un’offerta formativa che, nonostante la liberalizzazione dei programmi, risulta comunque uniforme tra i vari Istituti a causa delle precostituite griglie ministeriali. Naturalmente una masterclass specialistica come quella sull’arpa doppia può essere solo una breve occasione per confrontarsi con un altro settore di studi ma è pur sempre un modo per sondare interessi e predisposizioni, e soprattutto, per stimolare l’attenzione degli allievi nei confronti di stili, repertori e prassi esecutive solitamente poco trattati nei corsi tradizionali. Oltre ad offrire stimoli agli allievi, bisognerebbe anche far loro comprendere che il segreto per riuscire ad affermarsi professionalmente sta nell’avere una formazione ricca di esperienze e conoscenze diverse che consenta loro di capire per quale repertorio sono più portati e quindi su che cosa è opportuno specializzarsi.

La masterclass di Chiara Granata intende essere un primo passo nell’avvicinamento degli allievi ad un mondo, quello dell’arpa doppia e del suo affascinante repertorio, del quale hanno probabilmente solo sentito parlare ma di cui non hanno mai avuto alcuna esperienza diretta.

Chiara Granata è una tra le più apprezzate interpreti di arpa barocca e di arpe storiche attualmente attive in Italia. Dopo aver concluso gli studi tradizionali di arpa moderna si è specializzata nell’esecuzione della musica antica su strumenti originali studiando con Mara Galassi e conseguendo sotto la sua guida prima il diploma di arpa barocca e poi quello di arpa a movimento semplice all’Accademia Internazionale della Musica di Milano. Inoltre ha conseguito il diploma accademico di II livello con lode al biennio superiore del Conservatorio ‘Dall’Abaco’ di Verona. Collabora con numerosi gruppi di musica barocca e classica; con loro si è esibita nelle sale più importanti di tutta Europa e ha partecipato alla registrazione di numerosissimi Compact Disc pubblicati da alcune delle più prestigiose etichette europee.

 

Intervista

 

Lucia Bova: Il tuo percorso di studi ti ha visto passare dall’arpa moderna all’arpa barocca. Che cosa ti ha spinto ad interessarti delle arpe storiche e del repertorio antico?

Chiara Granata: Durante gli anni di studio dell’arpa, che ho svolto con passione, guidata da Angela Melegari, sono sempre stata attratta dalla musica antica. Ascoltavo volentieri Bach, Vivaldi, Corelli … Mi sembrava però un terreno parallelo e sconosciuto per il nostro strumento la cui storia, prima del periodo classico, mi appariva così nebbiosa. Mi è stato di stimolo per prima cosa l’incontro con arpiste attente alla ricerca sul repertorio, in particolare con Mirella Vita, che eseguiva sempre nei suoi concerti brani antichi sull’arpa moderna. Tuttavia ancora non avevo l’idea di poter incontrare uno strumento con caratteristiche differenti dall’arpa moderna che mi guidasse nella scoperta della musica.

L. B.: Vuoi raccontarci come e quando è avvenuto il tuo primo “incontro” con l’arpa doppia?

C. G.: Tra gli strumenti antichi che hanno conosciuto una rinascita, come cembalo, liuto, viole da gamba etc., l’arpa è stata forse uno degli ultimi. Dagli anni ‘80 troviamo nella discografia le prime tracce di arpe storiche, e poi negli anni successivi l’inizio di una tradizione esecutiva e didattica. Io ho incontrato per la prima volta lo strumento ad uno dei corsi estivi organizzati dalla Fima (Fondazione Italiana per la Musica Antica) nella splendida cornice della città di Urbino. Mi ricordo come fosse ieri lo smarrimento degli occhi che vagavano alla ricerca di una mappa familiare e si scontravano con la prospettiva ingannevole delle tre file di corde, praticamente inguardabili. Ricordo anche la sensazione di azzeramento delle capacità, come se non sapessi più suonare. Eppure paradossalmente queste sensazioni furono entrambe di enorme attrattiva e stimolo per me.

L. B.: Quando ci si innamora di uno strumento di solito avviene perché si ha l’occasione di sentire qualche musicista che colpisce particolarmente la nostra fantasia. E’ successo lo stesso a te? C’è stato un brano in particolare che hai desiderato imparare a suonare?

C. G.: Il corso di arpa antica ad Urbino ed alla Civica Scuola di Milano (ora Accademia Internazionale della musica) dove ho poi iniziato gli studi, era tenuto da Mara Galassi: di sicuro per me il suo modo di suonare questo strumento è stato una scoperta! Trovavo un ideale così profondamente umano del modo di relazionarsi allo strumento, senza forzarne mai la resa, né forzare sé stessi, ma cercando quel punto di incontro da cui scaturisce la musica. Per quanto riguarda il repertorio, la prima cosa che viene voglia di imparare sull’arpa doppia credo che per tutti sia il solo dall’Orfeo di Monteverdi, un brano brevissimo, eppure di una concentrazione e densità che si stenta a paragonare a qualsiasi altro brano solistico. E’ posto al centro di un’opera straordinaria, quando Orfeo deve ottenere ciò che è impossibile, e rischia di perdere tutto. C’è dentro la forza e la fragilità della musica ed anche quella di chi suona.

L. B.: E’ stato difficile adattarsi al nuovo strumento? Che cosa ti ha dato maggior disagio?

C.G.: Come dicevo l’arpa doppia presenta subito una difficoltà per le mani, che devono imparare a destreggiarsi con i suoni cromatici. Avendo le corde disposte su tre o due file parallele, le cordiere esterne risultano agevoli, mentre i suoni cromatici si raggiungono con maggiore difficoltà tra una cordiera e l’altra. Diversamente da quanto si possa immaginare, tuttavia, non è questo l’ostacolo più grande. La difficoltà maggiore è per la “testa” perché ci si trova di fronte ad un repertorio, diciamo così, “incompleto” e nel caso più estremo del basso continuo, addirittura ridotto ad una linea sola, su cui bisogna ricostruire il restante. In realtà anche il repertorio strumentale non si presenta mai come “compiuto”, perché giunge da altri strumenti o perché la sua scrittura non è univoca e necessita di essere compresa prima di arrivare alle mani.

L. B.: Che cosa ti è sembrato più interessante del percorso di studi che hai fatto per imparare a suonare l’arpa doppia?

C. G.: Quello che può sembrare un limite, l’assenza di un repertorio pronto e confezionato, diventa uno stimolo enorme a cui ora non potrei rinunciare: il repertorio si allarga perché le fonti seicentesche ribadiscono in più occasioni che ciò che si suona sul liuto e sul cembalo si suona altrettanto bene con l’arpa, e la pratica del basso continuo mette nelle mani di un’arpista un repertorio pressoché infinito che va dai concerti alle sonate strumentali, dalla musica vocale sacra a quella profana. Viene il desiderio di provare allo strumento quello che non è ancora stato suonato, lo stimolo alla ricerca è sempre ampio. Gli studi tuttavia proprio per questo non sono brevi. Come percorso post diploma, il corso di arpa barocca alla Civica Scuola di Musica di Milano prevede altri 5 anni di studio.

L. B.: Quale compositore o repertorio trovi sia più adatto alla tua sensibilità o il più adatto all’arpa doppia?

C.G.: L’arpa doppia è uno strumento molto diretto, le cose che funzionano bene, suonano benissimo (anche se poi necessitano un lungo lavoro di realizzazione) quelle scomode o che non girano, non c’è modo di piegarle con lo studio né tantomeno con l’ostinazione. Il suo secolo d’oro è stato il Seicento, ed il suo paese fondamentale l’Italia (anche se diverse tipologie di arpe a più ordini si sono sviluppate in altre aree d’Europa). Per questo quando si suona la musica del primo Seicento italiano, Frescobaldi, Trabaci, Mayone, o quando si accompagna il repertorio di questi anni, Monteverdi, Cavalieri, Caccini, Peri, si ha l’impressione che, indipendentemente dalle difficoltà, questo calzi sempre bene sullo strumento.

L. B.: Con il termine “arpa doppia” si indicano sia l’arpa a due ordini di corde sia quella a tre ordini. Quando è preferibile usare l’una o l’altra? Quale preferisci usare e perché?

C. G.: Quella terminologica è un’anomalia italiana che il teorico romano Giovan Battista Doni svela per primo intorno agli anni trenta del Seicento. Dice che noi in Italia continuiamo a chiamare doppia l’arpa, anche se ormai ha tre ordini di corde. Quindi il termine “doppia” starebbe ad indicare uno strumento “doppiato” di corde, a due o tre ordini. Storicamente l’arpa a due ordini è precedente, il riferimento più noto è quello che ne fa Vincenzo Galilei nel 1581. Ma, appunto per questa ambiguità del termine, non sappiamo quando effettivamente si siano introdotte le tre fila. Monteverdi nell’Orfeo (1607) prevede un’arpa doppia (quale?), Mersenne negli anni trenta del Seicento parla come Doni di uno strumento a tre ordini. Per questa ambivalenza io trovo che il termine “arpa doppia” sia sempre corretto in riferimento alle arpe italiane, e che laddove sia possibile saperlo si aggiungerà la qualifica: a due o tre ordini.

L. B.: Nel tuo curriculum ho letto che suoni uno strumento copia dell’arpa Barberini. Quali sono le motivazioni che ti hanno spinto a scegliere questo tipo di strumento e non altre copie costruite da liutai italiani e europei?

C. G.: L’arpa doppia italiana ha avuto una storia molto importante nel Seicento, ma gli strumenti superstiti non sono in realtà molti. Diciamo che c’è un problema di durata nel tempo dovuto all’enorme tensione a cui è sottoposta la tavola armonica per il peso delle molte corde. L’arpa Barberini è uno dei più importanti strumenti superstiti, forse il più importante proprio perché appartenuto ad una delle più potenti famiglie romane, negli anni del pieno potere, quando Urbano VIII Barberini ascende al soglio pontificio. Ma la sua costruzione non è il gesto isolato di un liutaio geniale, quanto il frutto di una tradizione costruttiva, giunta lì alla piena sapienza.

Ho avuto la fortuna di poter seguire il lavoro di studio e di copia dell’originale che il liutaio Dario Pontiggia ha fatto per la mia arpa. Penso che un musicista abbia tantissimo da imparare dalla liuteria, dalla sapienza e pazienza costruttiva. Veder costruire uno strumento è un’esperienza che modifica il punto di vista: si cerca di ascoltare ciò che lo strumento può fare, piuttosto che cercare di ottenere da lui qualcosa.

L. B.: Ti dedichi anche al repertorio solistico? Come lo scegli? Non si trovano molti spartiti destinati all’arpa doppia: vuoi raccontarci che tipo di lavoro fai per preparare un pezzo solistico e quale tipo di competenze occorre avere per poter fare un lavoro del genere?

C. G.: Scegliere la musica è sempre, come per molti musicisti, la cosa più stimolante. A volte si parte da un brano e si costruisce intorno ad esso un’idea di programma, altre volte si sceglie un autore e si legge molta musica prima di capire quale via intraprendere. Questo è solo l’inizio, perché una volta scelta la musica bisogna decidere “come” farla. In un periodo in cui la musica viaggia facilmente da uno strumento all’altro, come pure da un organico all’altro (concerti possono diventare sonate, arie possono diventare brani strumentali, etc.), bisogna capire come rimare fedeli allo “spirito” più che alla “lettera” della composizione. Da un lato è utile conoscere molta musica, ed uscire da una logica strumentale. Dall’altro è necessario leggere le fonti originali, specie oggi che c’è una tradizione esecutiva o discografica, che rischia di essere ancora più vincolante della musica scritta.

L. B.: L’arpa doppia è particolarmente adatta per l’esecuzione del basso continuo. Agazzari, nel suo trattato del 1607, consigliava l’uso dell’arpa in piccoli ensemble:in quali contesti trovi che sia più indicata? Quali sono le differenze principali tra il basso continuo realizzato all’arpa e quello realizzato con altri strumenti come cembalo, liuto e viola da gamba?

C. G.: L’arpa, ad esempio, veniva considerata lo strumento più adatto ad accompagnare le voci proprio per la sua capacità di “variare nel piano e nel forte”. Le possibilità dinamiche sono una delle caratteristiche più rilevanti dello strumento che ha bassi che possono suonare molto forte, e che tuttavia può anche seguire una dinamica più intima e patetica. Per queste sue qualità in qualche caso veniva e viene preferito al cembalo e al liuto, perché del primo ha la forza sonora e del secondo la duttilità dinamica. Rispetto al cembalo però ha minore agilità nelle diverse tonalità, e perdendo di agilità perde anche in potenza sonora. Diversamente gli strumenti ad arco come la viola da gamba, hanno di sicuro la possibilità di variare la dinamica interna della linea del basso, ad esempio nelle lunghe note tenute, in un modo che manca agli strumenti polifonici, e che è molto importante per l’espressione.

L. B.: Quali sono i vantaggi e/o gli svantaggi del fare concerti portando con se un’arpa doppia?

C. G.: Questo è un tasto dolente. E’ bello avere sempre il proprio strumento con se, ma bisogna inventarsi sempre dei modi nuovi per viaggiare. Adesso che siamo in diversi a fare questo mestiere ci si passa le informazioni. Su quali treni si viaggia bene, quali compagnie aeree permettono di imbarcare l’arpa in stiva, e quale custodia riesce a proteggerla, quali sono le misure degli extra-seat … In ogni caso ogni proposta di concerto porta con sé sempre la spina dell’organizzazione!

L. B.: In Italia e in Europa c’è interesse nei confronti della Musica Antica eseguita filologicamente e con copie di strumenti dell’epoca?

C. G.: Il movimento filologico in Europa ha oramai un secolo se consideriamo le sue origini. Poi l’attenzione del pubblico e la grande stagione della Musica Antica sono iniziate negli anni Settanta. E’ comunque molto tempo: questo significa che i teatri europei più importanti oramai ospitano regolarmente le opere di Monteverdi, non come “musica antica”, ma come repertorio fondamentale europeo, al pari delle Passioni di Bach o delle opere di Mozart. Si è ampliato il repertorio guardando verso il passato. Inoltre i festival europei specializzati nel repertorio antico cominciano ad essere molti, anche al di fuori dei confini geografici soliti. Penso ai festival in Polonia (Cracovia), o in altri paesi dell’est e a Teatri che hanno iniziato da poco ad inserire nei loro programmi questo repertorio: ho suonato recentemente nell’Orfeo di Monteverdi davanti ad un attentissimo pubblico del Teatro Nazionale di Bucarest.

L’Italia ha una posizione difficile da descrivere. Sono italiani molti ottimi gruppi che suonano nel panorama europeo ed internazionale (gruppi storici come Il Giardino Armonico, I Turchini, La Venexiana, Concerto Italiano, l’Accademia Bizantina, per citarne alcuni, accanto a gruppi con una storia più recente); e molti musicisti e cantanti che suonano ottimamente in gruppi di altri paesi. Ci sono biblioteche e fondi musicali che nutrono la ricerca di molti esecutori dentro e fuori l’Italia. A fronte di tutto questo, manca una politica di valorizzazione, il sostegno a progetti didattici o artistici che potrebbero fare da traino anche alla cultura e al turismo. E anche la situazione dei festival italiani non è proporzionata alla ricchezza del repertorio che il nostro paese ha prodotto.

L. B.: Si trova lavoro con l’arpa doppia. In caso affermativo in quali contesti?

C. G.: Diciamo che l’arpa doppia è ancora uno strumento relativamente raro e quindi anche se è aumentato il numero di arpisti che suonano nei diversi gruppi ed ensemble le possibilità di lavoro sono ancora buone, in particolare in relazione al fatto che il repertorio non è vincolato, e la pratica del basso continuo si estende idealmente a tutta la musica del periodo barocco (oltre a questo c’è il lavoro con le arpe storiche del periodo classico, a movimento semplice o doppio). Però bisogna arrivare alla “professione” bene preparati perché sebbene non ci siano molti termini di confronto con altri arpisti, si lavora con “continuisti” (cembalisti, liutisti) che spesso hanno una preparazione solida e profonda, conseguita nelle scuole specialistiche di tutta Europa. Diciamo che proprio la discrezionalità nell’uso dello strumento, che come gli altri strumenti del basso continuo, non viene quasi mai indicato, fa sì che la presenza negli ensemble debba essere significativa e competente, altrimenti – specie in tempi di crisi – i direttori o gli organizzatori saranno tentati di ridurre l’organico.

L.B.: Su quali progetti stai lavorando attualmente?

C. G.: Tra i progetti a cui tengo di più ora c’è sicuramente La Lira d’Orfeo, un programma che ho realizzato con il giovane controtenore Raffaele Pè. E’ un viaggio intorno alla figura affascinante di Gualberto Magli, uno dei primi cantanti castrati, interprete dell’Orfeo di Monteverdi, ma anche arpista ed attore ammirato in tutta Europa. Verrà presentato anche come progetto discografico alla Philharmonie di Berlino a settembre ed al festival di Bologna il prossimo ottobre.

Poi mi sta molto a cuore un progetto di musiche del primo Seicento con l’arpa sola che si alternano a rielaborazioni elettroniche degli stessi brani realizzati dal compositore Emiliano Turazzi. Per ora lo stiamo presentando in forma di concerto e speriamo che arrivi presto l’occasione per farne un progetto discografico.

Tra i prossimi viaggi in ottobre mi attende il Giappone, per eseguire l’Incoronazione di Poppea di Monteverdi con La Venexiana; ed infine, tra gli interessi più recenti, c’è il repertorio classico che dopo anni ho ritrovato con nuova passione: è il lavoro con le arpe a movimento semplice o doppio. In particolare con Mara Galassi, Elena Spotti, ed Ann Fierens abbiamo fatto nascere il Quartetto Erard, su arpe storiche ottocentesche. Non è proprio una passeggiata spostare questi fragili strumenti, ma quando suonano insieme… si viene ampiamente ripagati delle fatiche!

(Lucia Bova, Conservatorio “N. Piccinni” di Bari, interprete e autrice di saggi sull’arpa moderna e contemporanea)

Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” – Bari

Area Dipartimentale di Musica Antica

Masterclass della Prof.ssa Chiara Granata

L’ARPA NEL PERIODO BAROCCO

Storia, repertorio e prassi esecutiva

(15, 16 e 17 settembre 2014)

Il corso si rivolge principalmente a diplomati ed allievi dei corsi di arpa di ogni livello, grado ed età e si svolge in forma di lezioni collettive. Ha lo scopo di introdurre alla conoscenza della storia, del repertorio e della prassi esecutiva dello strumento nei secoli XVII e XVIII. Nelle lezioni verranno fornite indicazioni sulla storia dell’arpa nei diversi paesi europei, verranno analizzati brani solistici e si studierà l’uso dello strumento come basso continuo; sarà possibile inoltre sperimentare praticamente i rudimenti della tecnica per arpa antica su una copia di strumento seicentesco a tre ordini di corde messa a disposizione dalla Docente.

Il materiale relativo al corso, che comprende esempi musicali, una bibliografia fondamentale ed alcuni articoli di riferimento, verrà fornito dall’insegnante nel primo giorno di seminario.

Al termine della masterclass verrà rilasciato su richiesta un attestato di partecipazione.

La Masterclass si terrà a Bari presso il Conservatorio di Musica “Niccolò Piccinni” via Cifarelli 26 nei giorni 15 e 16 settembre (dalle ore 15 alle ore 20) e il 17 settembre 2014 (dalle ore 9 alle ore 14).

La Masterclass è gratuita per gli allievi del Conservatorio di Bari. Per gli esterni le quote di frequenza sono € 100 per gli effettivi ed € 50 per gli uditori, oltre a un versamento di € 8,33 per l’assicurazione infortuni .

Tutti i versamenti (assicurazione e contributo di frequenza) devono essere effettuati sul c/c postale n. 16885709 intestato a ‘Conservatorio di Musica “N. Piccinni” – Bari’, con le seguenti causali:

– “Assicurazione infortuni masterclass A.A. 2013-2014”

– “Iscrizione allievo effettivo masterclass L’arpa nel periodo barocco A.A. 2013-2014”

– “Iscrizione allievo uditore masterclass L’arpa nel periodo barocco A.A. 2013-2014”

La scheda di iscrizione, compilata in tutte le sue parti, e le scansioni delle ricevute dei versamenti dovranno essere inviate via mail entro il 4 settembre 2014 all’indirizzo ardimusa.bari@gmail.com all’attenzione del M° Diego Cantalupi referente della masterclass.

I corsisti dovranno provvedere autonomamente all’alloggio.

Per informazioni è possibile rivolgersi all’indirizzo ardimusa.bari@gmail.com

SCHEDA DI ISCRIZIONE

 

 

 

Referente della Masterclass

Diego Cantalupi

All’ Area Dipartimentale di Musica Antica

del Conservatorio“N. Piccinni” BARI

 

da inviare via mail a

ardimusa.bari@gmail.com

 

ISCRIZIONE MASTERCLASS

Il/La sottoscritto/a _______________________________________________________ nato a __________________________

il ____________ e residente a _______________________________________________ tel. _______________________________

e-mail_______________________________________

CHIEDE

di poter partecipare, in qualità di studente

⎕interno ⎕esterno,

alla MASTERCLASSL’ARPA NEL PERIODO BAROCCO tenuta dal Docente CHIARA GRANATA presso codesto Istituto, come alunno

⎕effettivo ⎕uditore.

Per gli allievi esterni al Conservatorio di Bari l’ammissione alla Masterclass è subordinata al pagamento del contributo di frequenza di 100 per gli effettivi e 50 per gli uditori, oltre al versamento di € 8,33, con causale ‘Assicurazione infortuni Masterclass a.a. 2013-14′; entrambi i pagamenti devono essere effettuati sul c/c postale n° 16885709, intestato a ‘Conservatorio di Musica “N. Piccinni” – Bari’.

Autorizza l’organizzazione ad effettuare riprese audio/video durante le lezioni senza nulla a pretendere. Autorizza gli organizzatori della Masterclass al trattamento dei dati personali.

Eventuali comunicazioni ____________________________________________________________________________________

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Data

Firma

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Questo articolo é stato pubblicato da
Lucia Bova