Didattica

Imparare l’arpa da adulti dai 18 ai 90 anni

di Valentina Meinero

Ho iniziato ad insegnare arpa diciannove anni fa all’età di ventun anni. Da subito la ricerca didattica mi ha appassionata, l’idea di trasmettere l’amore per il mio strumento nel miglior modo possibile mi ha spinta a seguire la formazione Suzuki fino al quarto livello, a frequentare corsi di didattica al Festival di Edimburgo, a scrivere, a confrontarmi con molte colleghe, ad esplorare il mondo dei Dsa e delle persone con difficoltà cognitive al fine di poter insegnare veramente a tutti. Lavorando come insegnante di arpa principalmente in Scuole Private, Comunali e Civiche ho avuto la possibilità di insegnare ad allievi di età diverse, dal bambino di quattro anni che ha iniziato col metodo Suzuki al bambino che ha iniziato ad 8 anni e ha poi proseguito il percorso in Conservatorio o sostenendo gli esami per il conseguimento delle certificazioni Abrsm, all’ adulto che si è avvicinato per amore per la musica celtica o per suonare in Chiesa, oppure semplicemente perché l’arpa, da sempre era il sogno nel cassetto. Sono questi cassetti che si sono aperti davanti a me e dai quali si sono spiegati i sogni a spingermi a cercare una didattica per adulti efficace. Mi sono presto accorta che come tra il bambino che inizia a suonare l’arpa a 4 anni e quello che inizia ad 8 ci sono enormi differenze, che richiedono approcci diversi, così anche nelle varie fasce di età adulta vi sono sia fisicamente che mentalmente diverse abilità da costruire in tempi e modi differenti. Da sempre, affianco alle lezioni individuali delle lezioni di ensemble od orchestra di arpe con cui esploriamo repertori, in cui ogni arpista, indifferentemente dal livello di studio, può dare il suo contributo e sentirsi parte attiva di qualcosa di meraviglioso. Queste lezioni, oltre ad essere stimolanti, offrono la possibilità di stringere amicizie che durano negli anni. Segue una rapida panoramica sulle motivazioni, punti di forza e difficoltà delle diverse tipologie di allievi adulti, dai 18 agli 80 anni, che hanno iniziato lo studio dell’arpa in età adulta e che ho seguito in questi anni e ai quali continuo ad insegnare. Mi auguro ci saranno le occasioni per approfondire la didattica per fasce di età, illustrando difficoltà, metodologie e soluzioni e stimolare un confronto.

Fascia 18 – 25 anni. Gli allievi che iniziano a studiare arpa in questa fascia d’età hanno una mente allenata allo studio, buone capacità mnemoniche, sono predisposti per un rapido apprendimento e comprensione della grammatica musicale di base, spesso hanno già suonato altri strumenti e hanno una buona manualità. Sembrerebbero gli allievi “perfetti”, ma il tempo da dedicare allo strumento è poco, lo vivono per lo più come un hobby e pertanto chiedono spesso di studiare brani sempre nuovi senza soffermarsi e approfondire aspetti tecnici o musicali su quelli studiati, che grazie alle capacità sopra elencate hanno appreso velocemente e dai quali ricavano soddisfazione. Con questi allievi cerco di lavorare il più possibile durante le lezioni la tecnica e insistere sugli aspetti della corretta postura, che talvolta, tendono a tralasciare trascinati dalla melodia. Per molti di loro è stato lo stimolo del conseguimento delle certificazioni internazionali a convincerli a dedicare tempo, ad assimilare e approfondire lo studio dell’arpa in tutti i suoi aspetti.

Fascia 25 – 40. Le persone che iniziano a studiare arpa in questa fascia di età spesso hanno già un lavoro e una famiglia e vivono lo studio dello strumento come un momento di arricchimento personale. Anche in questo caso purtroppo il tempo da dedicare all’arpa non è molto, ma hanno costanza e vivendolo soprattutto come un piacere riescono a dedicarvisi. Queste persone sono attente alla ricerca della corretta postura, del suono, non hanno particolare interesse a cambiare spesso repertorio, ma al contrario amano approfondire e arrivare a suonare un brano con consapevolezza ed emozione. Dati i buoni risultati, quando propongo loro un percorsi di studi professionalizzante con conseguimento di certificazioni vi riflettono attentamente. Alcuni lo hanno intrapreso, altri continuano a tenere l’arpa come un rifugio dalle corse della vita quotidiana. In alcuni casi oltre alle mamme o ai papà hanno poi iniziato anche le figlie. In questa situazione, quando l’arpa diventa una “questione di famiglia”, bisogna fare molta attenzione a differenziare repertorio e i vari apprendimenti in momenti diversi al fine di evitare confronti ed eventuali scoraggiamenti o competizione.

Fascia 40 – 60. Spesso chi si avvicina all’arpa in questa età o suona già uno strumento, o ha dimenticato quasi del tutto le nozioni musicali apprese nell’infanzia/adolescenza. Una delle domande che mi vengono poste di frequente è se è possibile ancora imparare. La persona in questa fascia d’età è molto consapevole del poco tempo a disposizione, dell’inizio di qualche acciacco e spesso si chiedono se valga la pena aprire quel cassetto, liberare il sogno, iniziare il percorso o richiudere a chiave il cassetto e buttarla il più lontano possibile. Sono spesso titubanti perché si rendono conto che per apprendere ci si deve impegnare a fondo. In questi casi se la scuola offre pacchetti iniziali di poche lezioni (5 o 10) è ottimale di modo che gli viene proposto di provare, senza impegnarsi per tutto l’anno scolastico. Questi allievi si dimostreranno negli anni appassionati, capaci di non arrendersi dinanzi alle difficoltà, ma con ottime capacità risolutive. Si appassioneranno anche alla teoria, seguiranno la vita musicale e dalla musica ricaveranno grandi soddisfazioni. Alcuni di loro sceglieranno anche di conseguire le certificazioni internazionali per introdurre l’arpa in aspetti della loro attività professionale.

Fascia 60 – 70. Scelgono l’arpa, la scelgono per passione, per riscattare un interesse che non hanno avuto modo di seguire, vogliono suonare, apprendere, alcune allieve vogliono provare anche a suonare in pubblico, a togliersi la soddisfazione di ricevere un applauso, altre si sentono ancora sulla pelle pregiudizi o temono di non essere all’altezza, ma combattono per liberarsi da queste catene e spesso riescono a togliersele di dosso. Sono perfettamente consapevoli dei limiti fisici che iniziano ad affiorare, sanno che potrebbero non avere l’intuitività e la manualità di un ventenne, ma presto realizzano che possono compensare con l’esercizio, con il tempo a disposizione per provare, sono persone attive interessate all’arpa a 360 gradi e ritrovano nello strumento anche un supporto per l’agilità manuale e mentale. Le mie allieve amano spaziare di genere in genere, spesso sono propositive su brani e hanno pazienza e costanza per apprendere nel modo migliore.

Fascia 70 – 80 e poi over 80. Sono le fasce d’età su cui sto concentrando principalmente le mie ricerche didattiche. Non sono poche le considerazioni che mi spingono a studiare come insegnare l’arpa a persone con età avanzata. La prima è l’idea di contrastare il concetto consumistico dell’attuale società che porta a vedere l’anziano come un peso improduttivo. Al contrario io vorrei valorizzarne l’esperienza offrendo loro ancora la possibilità di scoprire, di incuriosirsi, di migliorare, di sentirsi attivi e partecipi di una comunità culturale, elementi che portano autostima alla persona e che gli permettono anche di contrastare sintomi di invecchiamento sia mentali che fisici. A tal proposito mi sento anche di segnalare la Legge Regionale piemontese n 17 del 9 aprile 2019 in cui si trattano aspetti della promozione e valorizzazione dell’invecchiamento attivo.

L’invecchiamento attivo è stato definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) nel 2002 come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”.

La didattica per queste persone deve essere mirata al conseguimento di un obiettivo che dia loro immediata soddisfazione e scardini l’idea di non essere più in grado di apprendere. A seconda della persona che avremo davanti dovremo scegliere a cosa dare la priorità ed essere pronti ad accettare, in partenza, compromessi, che non accetteremmo con un giovane. E’ bene conoscere il passato della persona per poter far leva sulle sue competenze pregresse. Se l’allievo che inizia nella vita ha sviluppato buone capacità mnemoniche e se è ancora dotato, anche solo in parte, studieremo inizialmente a memoria, valutando quale memoria attivare prima, meccanica, visiva o uditiva e offrirò un supporto adatto a quella memoria, video o rappresentazione grafica con numerazione dei passaggi. In parallelo insegnerò le nozioni di grammatica musicale di base. Per quanto riguarda la postura bisogna essere a conoscenza anche di eventuali fragilità fisiche di modo da consigliare la dimensione di strumento più adatta e cercherò di dare all’allievo la miglior posizione possibile a seconda delle sue caratteristiche fisiche, possiamo trovarci di fronte a persone con mani non più proprio “perfette”, ma con artrosi o altre caratteristiche che possono inficiare la buona riuscita della sonorità. E’ necessario avere molta pazienza, sapere che i tempi di apprendimento possono dilatarsi, ma queste persone hanno moltissimo tempo a disposizione, se opportunamente stimolate spesso studiano anche sei o sette volte al giorno! Talvolta per periodi limitati in quanto non reggono a lungo il peso dello strumento, ma con l’esercizio e la costanza arrivano ad apprendere. Un’allieva mi ha raccontato che in gioventù le era stato sconsigliato di studiare musica perché considerata negata e le è sempre rimasto il rimpianto, è quasi commossa quando ha suonato a mani unite il suo primo brano.

Questo aspetto psicologico è molto presente nelle persone adulte alle quali in passato è stato detto di non essere portate e spesso è la difficoltà più grande da superare, ma per fortuna grazie alla volontà di suonare si riesce anche in questo. Mi piacerebbe proporre, dal prossimo anno, alcune lezioni in cui insegno a nonni e nipoti insieme. Credo che possa essere un bel modo per consolidare un rapporto facendo un’attività in comune, realizzando la metodologia del peer to peer in cui bambino e anziano si sostengono scambiandosi le rispettive competenze.


Questo articolo é stato pubblicato da
Redazione Redazione di IN CHORDIS, la rivista online dell'Associazione Italiana dell'Arpa.