di Fabio Rizza
Mario Lorenzi
Quando sentiamo la parola “virtuoso” è difficile non pensare a un grande arpista che raggiunse l’apice della sua carriera intorno agli anni ‘30 del ‘900: Mario Lorenzi.
Nato a Firenze nel 1894, Mario era figlio di un celebre arpista, compositore di suggestivi pezzi per arpa, nonché autore di un metodo che lo distinse tra i più grandi didatti della scuola fiorentina: Giorgio Lorenzi (1846 – 1922), fondatore, per l’appunto, della scuola d’Arpa del Reale Istituto Musicale di Firenze.
Giorgio Lorenzi
E’ spesso molto difficile, anche ai nostri giorni, che i figli di celebri artisti sappiano affermarsi all’ombra di genitori tanto valenti e facoltosi. Non è il caso di Mario Lorenzi. A tal riguardo lo storico giornale “La Sicilia Musicale”, in un articolo dedicato al “Maestro Lorenzi” e ad uno dei suoi tour, scrive: “Nell’arte musicale più che nelle altre branche dello scibile umano molte volte la legge di trasmissione fa errore, ma nel Mario Lorenzi è invece una vera affermazione delle virtù ereditate dal padre, il valoroso Cav. Giorgio, insegnante del Reale Istituto Musicale di Firenze” curiosamente poi aggiunge, riferendosi al tour di concerti: “Vogliamo sperare che non riterrà la nostra Palermo come città secondaria e che quindi anche qui farà sentire le celestiali armonie che sa trarre dalla sua arpa d’oro”.
Il talento di Mario, che trasse i primi rudimenti di arpa già all’età di quattro anni proprio dal padre Giorgio, fece presto a fiorire, conducendolo ad un precoce diploma all’età di soli 14 anni, nel 1908, anno in cui ottenne anche la nomina di membro onorario dell’Accademia Reale di Firenze. A quell’età Mario, pur essendo ancora poco più che un ragazzino, era già un concertista affermato, impegnato in una serie di concerti in tutta Italia; nel 1909, la sua famiglia decide di trasferirsi a Londra dove il giovane arpista trovò quasi immediatamente lavoro presso la Beecham Opera Company.
Nonostante la mancanza di precedenti esperienze orchestrali il giovane Lorenzi conquistò un posto di primordine nell’orchestra, grazie alla sua fine musicalità e tecnica impeccabile, facendone parte per i successivi tre anni.
A contraddistinguere l’incredibile talento di Mario Lorenzi non era soltanto la padronanza tecnica la quale, da sola, ottenuta con molti sacrifici e difficoltà, può appartenere a più arpisti, ma furono anche e soprattutto la sprezzante versatilità (che lo proiettò poco dopo verso nuovi generi musicali molto in voga in quel periodo quali il Ragtime, lo Swing e il Jazz) e l’innegabile charme che gli apparteneva per natura: una disarmante disinvoltura mostrata anche durante la registrazione dei passaggi più difficili. Basta vederlo in azione in uno dei video del“British Pathè” produzione storica di cinegiornali e documentari attiva a Londra dal 1910 al 1970: le mani volano sulla cordiera mentre gli occhi, fissi sulla videocamera, ammiccano maliziosamente.
Non dobbiamo quindi meravigliarci se nel giro di pochi anni Lorenzi ottenne un incredibile successo, tanto da aggiudicarsi il soprannome di “Re dell’Arpa”, anche grazie alla facilità con cui sapeva improvvisare, qualità imprescindibile nel Jazz, genere in cui amava risplendere.
Lorenzi sapeva infatti con grande versatilità far leva sui gusti del pubblico del suo tempo, passando dalla Classica al Jazz, dalla Popular Music alla musica da Dance Band, genere dove probabilmente l’arpista adulto toccò l’apice della sua popolarità.
Mario Lorenzi
Negli anni ‘20 viveva a Londra e nel 1926 fu invitato dal famoso “Bandleader” Jay Whidden a suonare nella sua band da intrattenimento. Accettato l’invito, vi suonò non soltanto l’arpa, ma addirittura anche il Sax e il Clarinetto.
Nello stesso anno registrò “I don’t want nobody but you”, la prima registrazione da dance band in cui appare l’arpa.
Segnalo che è possibile ascoltare liberamente il brano, cantato da Jay Whidden, su Spotify. Sulla stessa piattaforma, in una meravigliosa registrazione di qualità con Mario “Harp” Lorenzi, troviamo anche “Everything’s been done before”.La registrazione fu poi inserita nella colonna sonora del film “Reckless” del 1935.
Successivamente Mario “Harp” Lorenzi, soprannome ormai di uso consueto su dischi, locandine e registrazioni Jazz del tempo, si dedicò a sue registrazioni personali: “Some of these days”, con alla voce Marjorie Stedeford, ne è un chiaro esempio. Fu registrato nel 1930 e segnalo anche in questo caso la possibilità di ascoltarlo sulla piattaforma Spotify.
Assolutamente da non perdere la possibilità di vedere le cinque esecuzioni in registrazioni video conservate nell’archivio di “British Pathè”. Di seguito il link per poterli vedere: https://www.britishpathe.com/search/query/mario+lorenzi. Le esibizioni presenti nel database coprono un arco temporale che va dal 1939 al 1947. Nel video datato 1939 vediamo lo stesso Lorenzi annunciare: “Adesso vi mostrerò come si fa swing sull’arpa. Non abbiate paura, non è pericoloso!”. Esegue alcuni brani di propria composizione, sempre accompagnato dall’orchestra e nell’ultimo brano del video, con l’ausilio di un foglietto di carta ben pressato sulla cordiera, trasforma il suono dell’arpa in quello di un “banjoo”, un vero e proprio “effetto speciale”. Carlos Salzedo, nato solo nove anni prima di lui, era attivo a quel tempo in cui grande era l’interesse per l’effettistica sull’arpa. Lo “spirito” è quello di provenienza americana, lo stesso che troveremo, sperimentale, innovativo, ma sempre estremamente raffinato, nella splendida Pearl Chertok.
Che il mercato musicale già a quel tempo facesse “l’occhiolino” ai gusti del pubblico è chiaro. Possiamo quindi vedere Mario Lorenzi cimentarsi virtuosamente nelle esecuzioni di brani “popolari” molto ben arrangiati per arpa e orchestra quali: “Arm to Arm”, “Jealously” , un brillante arrangiamento del “Waltzer dei Fiori” di Tchaikovsky o il “Tico Tico” in una delle sue ultime registrazioni pervenuteci, in cui l’occhio della videocamera si sofferma più volte sulle ombre proiettate sul muro da un Lorenzi ormai adulto.
Nel 1957, purtroppo, una severa artrite alle mani non gli consentirà più di suonare, facendogli abbandonare le scene. Morirà nel 1967 a Rushton, nell’Hertforshire.
Tutto il materiale fotografico e video è gelosamente custodito da collezionisti privati e la poca reperibilità del materiale inerenti Mario Lorenzi non fa che permeare il personaggio di un’aura di fascino e mistero.
Nel panorama arpistico generale, possiamo considerare Mario Lorenzi come un esempio straordinario di arpista Jazz, per il suo accostamento a questo genere, allo Swing, e alla Band Dance. Spesso alla figura di Lorenzi viene accostata quella di Harpo Marx.