(Angelica Kauffmann, ritratto della famiglia di Ferdinando IV, olio su tela, 1782-1783, Museo Nazionale di Capodimonte, Napoli)
dedicato a MIRELLA VITA
Approdata nel Sud Italia in tempi remoti, l’arpa ha da sempre incontrato il favore di musici, cantori e poeti partenopei. Nella sua lunga storia, Napoli, e tutto il territorio meridionale, accolse dotti di ogni nazionalità, credo e provenienza; fu Regno aperto, crogiolo di culture, anche opposte come quella plebea e quella togata, che ancora convivono armoniosamente legandosi indissolubilmente.
Anche l’arpa non si sottrasse a questo esercizio e divenne presto strumento apprezzato in vari contesti, dal sacro al profano, dal colto al popolare.
Nel sec. XVI si conferma strumento principe con l’avvento della Villanella, forma di musica profana progenitrice[1] della canzone napoletana ma prediletta anche da eminenti autori come Gesualdo da Venosa, Orlando Di Lasso e Adriano Willaert, solo per citarne alcuni. Con la Villanella viene alla ribalta la figura emblematica di uno dei maggiori virtuosi: Giovanni Leonardo Mollica detto dell’Arpa (1530-1602) la cui maestria è cantata dai maggiori poeti del tempo.
Ambìto da diverse corti italiane, Giovanni Leonardo rimase sempre legato alla sua terra, dove fu caposcuola di una nutrita schiera di valenti allievi[2], portatori di un peculiare stile napoletano caratterizzato da “durezze e ligature” e protagonisti della storia dell’arpa in Italia per almeno un altro secolo.
Nel Meridione, sul finire del 1600 è di notevole rilevanza anche un fenomeno migratorio davvero originale, che persisterà fino ai primi decenni del 1900; va affermandosi, infatti, la figura dell’arpista girovago, di umili origini, proveniente dalle “remote” terre lucane della Val d’Agri e di Viggiano in particolar modo, che porterà per le strade e le piazze d’Europa, nonché delle Americhe, Australia e nord Africa, un repertorio che spazia dalla tradizione popolare a quella colta, adattata all’arpa portativa. Dalla seconda metà dell’Ottocento, anche la storia dei viggianesi si legherà al San Pietro a Majella: lasciata l’arpa portativa ed accinti gli studi accademici molti di essi intrapresero una carriera prestigiosa[3].
La grande popolarità che l’arpa godette nel Regno di Napoli era tangibile, oltre che nei cenacoli culturali privati, nelle cappelle musicali reali e del Duomo, anche nelle istituzioni musicali più alte, quali l’Oratorio di San Filippo Neri (fondato nel 1586) e nei nascenti conservatori tra cui la Pietà dei Turchini (fondato nel 1573 e trasformato in conservatorio nel 1622).
Nati nel Cinquecento come opere di carità che accoglievano bambini orfani o poveri, Pietà dei Turchini compreso, furono ben quattro gli orfanotrofi divenuti poi conservatori musicali grazie ai quali poté svilupparsi quel prezioso patrimonio dell’umanità acclamato come Scuola Napoletana ed Opera Buffa, che irruppe nelle più importanti corti europee tra il XVII e il XVIII sec.
In questi istituti operarono, come studenti prima e professionisti poi, compositori del calibro di Domenico Cimarosa, Francesco Durante, Niccolò Jommelli, Alessandro Scarlatti (arpista anch’esso), Giovan Battista Pergolesi e Giovanni Paisiello che impiegarono l’arpa anche in lavori solistici, oltre che come basso continuo nelle loro opere.
Nel 1807, a causa di alterne vicende, il conservatorio della Pietà dei Turchini, ingloba gli altri istituti musicali cittadini e si trasforma in Real Collegio di Musica, fino a che, nel 1826, Francesco I di Borbone non ordina di trasferirlo nel luogo in cui si trova ancora adesso, l’antico convento fondato da Celestino V eremita sulla Majella.
Forte di un patrimonio librario unico al mondo, ricco di manoscritti autografi, di stampe rare, e di libretti d’opera; forte di un circuito musicale unico per il sud Italia, con un numero considerevole di teatri funzionanti tra cui ben quattro per l’opera lirica, una miriade di attività satellite come diverse decine di case editrici, botteghe di liuteria – vi erano anche produttori di corde e costruttori di arpe – il Regio Conservatorio San Pietro a Majella divenne una delle maggiori istituzioni musicali della musica occidentale.
A Napoli confluivano molti studiosi, moltissimi aspiranti musicisti alla ricerca di buoni studi e di un ambiente culturalmente vivace in cui potersi confrontare e misurare professionalmente.
E’ in questo stimolante contesto che nasce la scuola napoletana di arpa a pedali a movimento doppio (lo strumento ancora oggi in uso) ad opera di Filippo Scotti[4] (Napoli 1790-1868 Napoli), già prima arpa del Teatro San Carlo e primo docente di arpa del Conservatorio.
Tra i suoi molti allievi spiccano brillanti interpreti e didatti, applauditi ben oltre i confini nazionali tra cui Michele Albano (Napoli 1813 – 1889) prima arpa del Teatro San Carlo e poi concertista che giunse fino in Argentina dove visse ed operò; Francesco Bellota (Palermo 1834-1907 Palermo), fondò la scuola di arpa del conservatorio di Palermo e fu buon compositore e didatta; Francesco Sodero (sec. 19°); Sebastiano Caramiello (Napoli 1847-1903 Napoli) arpista della Corte imperiale di Russia; Alfonso Scotti (Napoli 1805-1889 Napoli) arpista e compositore che succedette al padre Filippo nel 1865; Felice Lebano (Napoli 1867-1916 Buenos Aires) acclamato concertista internazionale – iniziatore della moderna scuola di arpa in Argentina sviluppata poi dal napoletano Augusto Sebastiani – tenne la cattedra di Napoli dal 1880 al 1886 anno in cui subentra Giovanni Caramiello (Napoli 1838-1938 Resina, Napoli ) concertista e compositore, fratello di Sebastiano, che restò in servizio fino al 1915.
Mi sono limitata a citare i soli docenti che si sono alternati alla guida della classe del Regio Conservatorio ma è importante ricordare che, parallelamente al San Pietro a Majella, a Napoli erano fiorenti anche diverse scuole private di arpa[5]. Gli ex allievi erano tanti e bravi (difficile elencarli tutti tra noti e meno noti) e trovavano spazio professionale nella didattica, nella concertistica da solisti o orchestrali, in Italia e all’estero.
Sedotti dalla vivacità e competenza strumentale della nuova scuola, molti compositori dedicarono al nostro strumento pagine importanti, basti pensare al repertorio orchestrale di Rossini e Donizetti.
In questo lasso di tempo, la produzione arpistica si arricchisce di materiale didattico quanto di repertorio cameristico e solistico, che, come vuole la moda dell’epoca, si ispira alle arie operistiche predilette dal pubblico. Tendenza, questa, molto diffusa anche in scala nazionale nella musica per arpa, ma che a Napoli aggiunge una sensibile presenza di operisti di scuola napoletana e, soprattutto, di temi popolari antichi o delle canzoni più in voga.
Non bisogna trascurare, infatti, che in pieno Ottocento la canzone napoletana si avviava al periodo di massimo fulgore e diffusione su scala internazionale, grazie all’apporto di importanti esponenti della cultura, cessando così di rappresentare solo una curiosità folkloristica.
La produzione discografica cui faccio riferimento, mutua il nome da una delle composizioni più riuscite di Giovanni Caramiello, Rimembranza di Napoli, Fantasia per arpa sopra temi popolari, op. 6, essa è basata sui temi celeberrimi di Fenesta ca lucive e Santa Lucia, mentre meno note, ma non meno interessanti, sono le Sei melodie popolari raccolte ne Le Serenate del Vesuvio, trascritte e variate in forma di studi op. 12 in cui il Caramiello manifesta una destinazione d’uso che non disdegna il contesto didattico.
Scelgono l’ambito operistico gli autori Michele Albano e Ferdinando Bonamici (Napoli 1827-1905), pianista e compositore nonché vice direttore del San Pietro a Majella. Il primo sceglie la musica di Mascagni, adattando interamente l’incantevole Intermezzo da Cavalleria Rusticana con un’unica variazione; mentre il secondo autore, nella Romanza dell’Otello variata per arpa op. 38, utilizza la commovente romanza Assisa a’ piè d’un salice nella cui versione originale presenta un lungo solo che Rossini affida all’arpa introducendo la mesta preghiera del salice. Il brano presenta variazioni di bravura (cui ho aggiunto una cadenza originale).
Il già citato Felice, detto Felix, Lebano sceglie invece di cimentarsi in una composizione dal sapore più cosmopolita, rispondendo ai richiami dell’esotismo iberico, nella sua Sérénade Andalousienne, pezzo da concerto e vero ‘cavallo di battaglia’ dell’autore concertista.
Come già Bonamici, i compositori Niccolò van Westerhout (Mola di Bari 1857- 1898 Napoli) unitamente ad Alessandro Longo (Amantea – Cosenza 1864-1945 Napoli) e Giovanni Frojo (Catanzaro 1847-1925 Catanzaro), rappresentano solo una parte dei tanti artisti che, grazie agli stimoli della prestigiosa scuola napoletana, avevano arricchito con la loro opera il repertorio orchestrale, cameristico e solistico per arpa.
Niccolò van Westerhout, autore sinceramente stimato da Tosti e D’Annunzio, scrisse Canzonetta probabilmente negli ultimi anni della sua vita, nel periodo in cui insegnava armonia nel Regio Conservatorio ed inviava pezzi brevi all’editore Ricordi.
Alessandro Longo, l’autore che più si discosta dagli altri per originalità di stile compositivo e sensibilità verso la grande musica strumentale europea, fu pianista, didatta, critico, revisore di musiche classiche (recuperò l’opera monumentale delle sonate di Domenico Scarlatti) nonché infaticabile animatore della vita musicale partenopea: è certamente da considerarsi una delle figure più rappresentative della Scuola musicale napoletana. Scrisse per arpa diversi pezzi molto probabilmente ispirati anche dalla figura di Felix Lebano, di cui aveva entusiasticamente apprezzato il talento in più occasioni. La Serenata n. 6, op. 51 è compresa nella raccolta dei Sei Pezzi op.51 dedicati a giovani allieve, presumibilmente arpiste.
Il calabrese Giovanni Frojo, viene indicato dai biografi come pianista, compositore e musicologo; analizzando però la sua produzione non si può non rimanere perplessi davanti a lavori (diversi studi di meccanismo, studi per principianti e metodi) che solo un esecutore e didatta dello strumento può concepire. Il dubbio che il Frojo fosse anche arpista viene sciolto dallo stesso quando, in coda al suo lavoro Origini e sviluppo dell’arpa (1887), afferma di aver studiato per un periodo arpa a Napoli e Firenze. Di questo autore restano una moltitudine di brevi brani solistici, come Tempo di Mazurka, in cui prevale lo stile salottiero e spesso a soggetto.
Rimembranze di Napoli è un titolo emblematico che vuole omaggiare un patrimonio storico e portare alla luce un repertorio musicale carico di storie di uomini e di artisti figli del proprio tempo.
Sara Simari
[1] Sono molti gli studiosi che riconoscono nella Villanella le origini dell’Opera Buffa.
[2] Tra gli allievi, diretti e non, spiccano i nomi di ricercati virtuosi quali Adriana Basile, Giulio Majone, Flaminio Caracciolo, Scipione Bolino, Camillo Lambardi, Lucrezia Urbani (prima interprete nell’Orfeo di Claudio Monteverdi), Orazio Michi dell’Arpa.
[3] Molti occuparono posti nelle più grandi e famose orchestre americane e furono acclamati solisti come il ben noto Albert Salvi.
[4] L’arpa a pedali approda in Italia, relativamente tardi, ad opera di Leonardo Primavera (1740-1802) allievo di Ch. Hochbrucker. Tra gli allievi del Primavera vi è Curzio Marcucci, rinomato docente fiorentino di cui Filippo Scotti è allievo.
[5] A Napoli diedero lezioni per breve tempo anche Ch. N. Bochsa ed E. Parish-Alvars che proprio in quel periodo compose tre dei suoi brani più famosi.
SARA SIMARI
Ha compiuto gli studi musicali con il massimo di voti e la lode presso il Conservatorio di Musica “Umberto Giordano” di Foggia. Si è perfezionata in arpa con Mirella Vita, David Watkins e Nicanor Zabaleta (Spagna e Svizzera) e in musica da camera con Giuseppe Garbarino (Scuola di Musica di Fiesole).
Svolge attività concertistica solistica e cameristica in Italia e all’estero partecipando ad importanti festival internazionali, tra cui Festival dei Palazzi e Festival Le Notti bianche di San Pietroburgo, Festival di Spoleto, Festival Taormina Arte, Festival Mundi e Festival Musica d’Oggi di Roma, Sorrento Classica, Festival Internazionale di Musica Sacra in Città del Vaticano, Festival Ciemme-Mozart di Losanna, Festival di Zumaja, Festival di Deba, Festival Fire & Ice Copenaghen.
Il suo repertorio spazia dalla musica antica alla musica contemporanea ed è interprete di prime assolute di autori come Ennio Morricone, Alessandro Solbiati, Bruno Maderna, Gilberto Bosco, Francesco Pennisi, Michele dall’Ongaro, Marco Betta.
Studiosa di repertori inusitati e convinta promotrice della valorizzazione del repertorio arpistico originale, ha altresì attivato un progetto di ricerca musicologica e recupero di opere di compositori del Sud Italia in parte confluito nel recente lavoro discografico “Rimembranze di Napoli, l’arpa al Conservatorio S. Pietro a Majella tra ‘800 e ‘900”.
La sua produzione discografica vanta autentiche rarità anche in campo operistico come alcune opere di S. Mercadante, N. Rota, A. Rendano e F. Cilea
Vincitrice della selezione nazionale per l’Orchestra Giovanile Italiana, ha ricoperto il ruolo di prima arpa con la Roma Sinfonietta, l’Officina Musicale, l’Orchestra Da Ponte, la O.R.I. (Orchestra Romana Internazionale), la Sinfonica Aquilana e l’Orchestra Philharmonia Mediterranea, con la quale collabora da oltre venticinque anni alle stagioni liriche e sinfoniche presso il Teatro Rendano di Cosenza, il Cilea di Reggio Calabria, il Politeama di Catanzaro, il Pergolesi di Iesi, il Sociale di Mantova, La Gran Guardia di Livorno, il Vittorio Emanuele di Messina, il TeatroGreco di Taormina, l’Accademia Lirica di Desenzano del Garda…
Ha eseguito più volte importanti concerti per arpa solista e orchestra (G. F. Haendel, Ch. Bach, W. A. Mozart, Ch. Wagensail, F. A. Boildieau, C. Saint-Saens, C. Debussy, M. Ravel, A. Ginastera) e vanta un vasto repertorio lirico-sinfonico operando sempre con il plauso di direttori d’orchestra come Peter Maag, Reynald Giovaninetti, Massimo De Bernart, Gianfranco Rivoli, Michel Sasson, Piero Bellugi, Carlo Franci, David Garforth, Christopher Franklin, Guillaume Tourniare, Massimo Pradella.
Nella sua intensa attività artistica ha avuto modo di spaziare tra vari generi musicali e di collaborare con diversi artisti tra i quali: Gloria Banditelli, Andrea Bocelli, Angelo Branduardi, Rossana Casale, Paul Cortese, Carla Fracci, Lucilla Galeazzi, Inti Illimani, Raina Kabaivanska, Michele Marasco, Nicola Martinucci, Rudolf Nureyev, Elio Pandolfi, Massimo Ranieri, Antonella Ruggero, Dimitra Theodossiou, Voces Intimae.
Ha realizzato registrazioni radiofoniche e video per diverse emittenti, tra cui le reti Rai, Rai International, e le reti Mediaset; ha inciso per le etichette discografiche Bongiovanni, Warner Fonit, Edipan, La Bottega Discantica e Discoteca di Stato opere di autori contemporanei e prime esecuzioni in tempi moderni.
Nel 2009 ha fondato l’ensemble “Incanti d’Arpe” – organismo di 14 arpe e vari strumenti, nato da un progetto didattico in seno al Conservatorio di Vibo Valentia – che dirige regolarmente e per il quale arrangia diverso repertorio. Con tale organico ha realizzato il CD My dancing Harp, Viaggio nel musica del mondo che indaga i diversi ambiti del repertorio arpistico nel mondo.
Molto apprezzate le sue opere didattiche pubblicate per Gopala Editore (Napoli) e Duminuco Editore (Salerno) come Guida al repertorio per arpa ad uso dei conservatori di musica e licei musicali e gli Esercizi giornalieri, oltre che decine di composizioni, studi per arpa sola e per duo d’arpe.
Ha tenuto corsi di perfezionamento per il Festival dell’O.R.I. sull’Isola Bisentina (VT), per il Festival Internazionale “Voces Intimae” di Paola (CS) e per il Festival Internazionale “Jacopo Napoli-Le Corti dell’Arte” di Cava de’ Tirreni (SA) e corsi e master relative alla storia dell’arpa. E’ impegnata in seminari e conferenze-concerto attinenti a particolari produzioni storiche ed all’evoluzione del repertorio, quali Arpa d’or dei fatidici vati: introduzione al repertorio lirico e sinfonico; Storia d’amore e musica: omaggio a Louis Spohr; L’arpa a Napoli dal 500 ad oggi; L’antico repertorio nella didattica assieme alla studiosa Mirella Vita.
Attualmente è docente di arpa presso il Conservatorio di Musica “F. Torrefranca” di Vibo Valentia.